Pavilion Lautania Virtual Valley / Spazio Ophen Virtual Art Museum
IDENTITY OF ARTIST / Marginal Active Resistances
Tre proposte internazionali indipendenti con un testo di Sandro Bongiani presentate in contemporanea con la 58th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2019 e in occasione del decennale dello Spazio Ophen Virtual Art Gallery.
Inaugurazione lunedì 13 maggio 2019 ore 18:30
13 maggio - 24 agosto 2019
Lunedì 13 maggio alle ore 18.30 lo Spazio Ophen Virtual Art Museum è lieta di inaugurare IDENTITY OF ARTIST / Marginal Active Resistances, tre personali dedicate a tre artisti di confine “marginal attivi” presentati negli spazi del Pavilion Lautania in contemporanea con la 58th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2019. Le rispettive mostre sono accompagnate da un testo critico di Sandro Bongiani e sono visitabili fino al 24 agosto 2019.
Lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery in occasione della 58° Biennale di Venezia 2019, intende dedicare l’attenzione come evento indipendente e collaterale presso il “Pavilion Lautania Virtual Valley” a Shozo Shimamoto, Guglielmo Achille Cavellini e Ryosuke Cohen che riassumono compiutamente il lavoro di una ricerca marginal-attiva che inizia tra gli anni 50 e 60’ con Shozo Shimamoto, G. Achille. Cavellini, fino al lavoro recente svolto dal giapponese Ryosuke Cohen. In linea con il tema generale “May You Live In Interesting Times” della 58th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2019 che indaga sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale, con una lettura della realtà osservata da più punti di vista, fra modi diversi di interpretare il mondo. Per questo evento internazionale vengono presentati 24 opere ciascuno dei tre artisti, in tre sale personali diverse, proponendo le performances, le opere Bottle crash, gli interventi Head body e le proiezioni sulla testa di Shozo Shimamoto, considerata dall’artista del gruppo Gutai la più piccola galleria al mondo, il ciclo dei lavori Pop degli anni 60’, i Carboni e le Casse che contengono opere distrutte create tra la fine degli anni 60 e i primi anni del 70’ di Guglielmo Achille Cavellini e il lavoro dell’artista Ryosuke Cohen, ancora attivo, che presenta una serie di Brain Cell e diversi Fractal Portrait Project realizzati in questi ultimi anni fino ai lavori recenti del 2019 in oltre 33 anni di continua e assidua ricerca. Le opere ancora poco conosciute al grande pubblico dei tre artisti nascono dal bisogno di collocarsi al di là di un confine, in un’area di ricerca “marginale” capace di definire e porsi in forma alternativa alle ricerche ripetitive prodotte dal sistema ufficiale dell’arte. Un’invenzione giocata a tutto campo su “universi possibili”, intesa come il luogo privilegiato per rilevare nuove ipotesi di lavoro che nella dimensione creativa e mentale suggeriscono nuove possibilità di ricerca, tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. Permane in loro la proposta convincente di una ricerca volutamente di confine in un particolare campo di azione svolto tra performance, scrittura e rappresentazione, come spartiacque al modo omologato e spesso monotono proposto dal sistema istituzionale dell’arte.
Si ringrazia l’Associazione Shozo Shimamoto di Napoli, l’Archivio Guglielmo Achille Cavellini di Brescia, l’Archivio Ryosuke Cohen di Ashiya - Hyogo (Giappone), la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno e diversi altri archivi pubblici e privati per aver concesso le opere e aver permesso la realizzazione di questo importante evento internazionale.
Pavilion Lautania / Spazio Ophen Virtual Art Museum Via S. Calenda, 105/D – Salerno (Italy). Tel/Fax 089 5648159
e-mail: bongianimuseum@gmail.com
Web Gallery: http://www.collezionebongianiartmuseum.it
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
Osaka 1928 - 2013, Japan
Shozo Shimamoto nasce ad Osaka, in Giappone, nel 1928. Co-fondatore del gruppo Gutai, insieme a Jiro Yoshihara, è stato uno degli artisti più sperimentatori del secondo dopoguerra. Il Gutai, primo movimento artistico radicale del Giappone, si sviluppa sul finire degli anni Cinquanta quasi in contemporanea all’arte informale europea e americana, con l’intento di rinnovare la tradizione artistica giapponese. Le prime sperimentazioni artistiche, gli Ana (Buchi), risalenti aalla fine degli anni quaranta, consistono in una serie di fogli di carta coperti da uno strato bianco di colore, su cui strofina il proprio corpo fino a creare degli squarci. Dopo aver frequentato assiduamente lo studio di Yoshihara, decide, insieme col maestro, di fondare il gruppo Gutai – Movimento d’Arte Concreta, nel 1954 A questi primi esperimenti segue Cannon Work, in cui colore è sparato sulla tela attraverso un piccolo cannone, opera che costituisce l’inizio del percorso dedicato alla liberazione casuale dell’espressività della materia. Da lì a poco Shimamoto sviluppa la tecnica del bottle crash, una pratica consistente nel lanciare bottiglie piene di colore sulla tela. L’opera diviene il risultato di un processo di relazione tra gesto e materia, tra azione e colore, il cui leitmotiv è la casualità e l’artista è attore e interprete di un’azione performativa che viene condivisa con il pubblico, testimone e completamento dello scenario di colore costruito dall’artista. Nel 1972, con la morte di Yoshihara, Shimamoto s’interessa alla Mail Art, pratica d’avanguardia che consta di invii di lettere, cartoline, buste e simili, innalzati al grado di artisticità da manipolazioni ad hoc e recapitati a uno o a più destinatari tramite posta. Shimamoto ne sviluppa una concezione personale: la sua testa rasata diviene il mezzo su cui scrivere, dipingere o apporre oggetti. Nel 1987 viene invitato dal Museo di Dallas a celebrare il centenario della nascita di Duchamp, per il quale proietta messaggi di pace e spezzoni di film sulla sua testa. Negli anni Novanta recupera la tecnica del Bottle Crash, riempiendola di nuovi significati, e realizza una serie di performances in America e in tutta Europa. Nel 2004 realizza una performance in elicottero come anticipazione della successiva Biennale di Venezia del 2005. Nel maggio 2006 la Fondazione Morra di Napoli ospita una performance “Un’arma per la Pace”, nella storica Piazza Dante, in cui l’artista giapponese getta una sfera piena di colori su una tela, sollevato dal braccio di una gru e accompagnato al pianoforte da Charlemagne Palestine. Muore ad Osaka nel 2013.
Brescia 1914 -1990
Nasce a Brescia nel 1914 in una famiglia di commercianti, alla cui attività collaborerà per gran parte della sua esistenza, assicurandosi un’autonomia economica che sarà condizione essenziale per la sua indipendenza artistica. Dopo alcune prove di iniziazione al disegno e sporadici tentativi pittorici interrompe quello che sembra un desiderio innato per convogliare tutta la sua capacità espressiva in un progetto collezionistico che lo vedrà giungere ai vertici internazionali raccogliendo e promuovendo le opere degli artisti suoi contemporanei impegnati in una ricerca informale-astratta. Riprende nei primi anni Sessanta un’attività personale sentendosi pronto a ripartire dall’esperienza fatta come collezionista per cercare una propria autonomia di linguaggio. Già da allora prova a coniugare il lavoro di altri autori in un processo di appropriazione che porterà avanti durante tutta la sua attività artistica. Parte dall’esperienza pittorico informale che modula attraverso un segno autonomo che sottolinea la scrittura autobiografica e coinvolge elementi della sua realtà personale. Nel 1965 usa gli oggetti della sua attività quotidiana unendoli a sfondi di scarto industriale in una sorta di autobiografia oggettuale. Vengono poi le cassette che contengono le sue opere precedenti soggette ad una sistematica autodistruzione e gli omaggi ad autori che rappresentano la storia dell’arte in forma di francobollo celebrativo o di ricostruzione fantastica delle loro opere più famose in cui inizia a rapportare se stesso. Dal 1968 produce i carboni bruciati con cui estende i due concetti di distruzione e celebrazione in un lavoro sistematico ed accurato su di una buona fetta della storia dell’arte. Nel 1971 conia il termine “autostoricizzazione” attraverso il quale prende forma una ramificata elaborazione concettuale che lo porta ad esporre se stesso al centro della propria opera in una specie di combattimento ideale con il sistema artistico di cui si fa analitico destrutturatore. Questo concetto da allora sarà il motore del suo lavoro che prenderà le forme più varie ed articolate, da una proliferante ed ossessiva riscrittura della propria biografia sulla realtà circostante alla formulazione delle “mostre a domicilio”, libri opera che lo condurranno al centro di un circuito mailartistico internazionale di cui fu uno dei più celebrati esponenti. Muore a Brescia nel 1990, fino all’ultimo al lavoro secondo una personale concezione del rapporto tra arte e vita di cui fu uno strenuo paladino.
Osaka 1948, vive e opera in Japan
Ryosuke Cohen, nato nel 1948, Osaka, in Giappone. Il nome della famiglia è Kouen ma su consiglio di Byron Black, ha adottato il nome inglese 'Cohen' come in ebraico. Cohen scoprì la mail art in Canadà. Ryosuke è il figlio di un noto scrittore di haiku in Giappone, Jyunichi Koen. I primi lavori di Cohen sono il risultato di un misto di tradizione e immaginario giapponese, numeri e icone contemporanee così com’è la sua firma, la lettera "C". L’artista giapponese per lungo tempo è stato interessato al movimento Dada e Fluxus, in contatto con Shozo Shimamoto e i membri del gruppo Gutai condividendo in modo spontaneo e naturale un nuovo modo di fare arte contemporanea. Ryosuke non è il primo artista postale e marginale giapponese, ma sicuramente è l’autore giapponese più interessante nel network internazionale. Dopo Ray Johnson e Guglielmo Achille Cavellini, anche Ryosuke Cohen rimette ancora una volta in gioco le carte della sperimentazione in un sistema culturale antiquato che preferisce l’opera creata appositamente per essere mercificata. Lo fa proponendo un particolare suo progetto “Brain Cell” (Cellula celebrale), iniziato nel giugno 1985 con migliaia di membri sparsi in oltre 80 paesi. Un lavoro che raccoglie ogni 7-10 giorni circa le immagini di tanti artisti su un'unica pagina allegando un elenco di indirizzi di collaboratori, 55 in media per opera, che lo ha visto coinvolto per oltre tre decenni. Nell’agosto 2001 ha iniziato in Italia il progetto “Fractal Portrait”, facendo ritratti e silhouette del corpo ai suoi amici artisti in occasione dei vari Meeting svolti in diverse parti del mondo; Stati Uniti, Canada, Inghilterra, Irlanda del Nord, Spagna, Jugoslavia, Germania, Olanda, Corea, Italia e Francia. Cohen è l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera d’arte secondo le vecchie idee classiciste della tradizione, ma ricopre il ruolo di mediatore e di intermediario tra la realizzazione di un’idea progettuale (la sua) e coloro che partecipano al progetto. Praticamente, egli si fa promotore di un “fare” diventando regista di un intervento provvisorio, che nasce dal contributo degli altri e si materializza insieme nella collaborazione collettiva in cui tutti possono partecipare ed essere positivamente e appassionatamente coinvolti nella creazione dell’opera, rifiutando l’opera unica e concetti consueti come l’originalità e quindi, preferendo maggiormente il gioco, la ricerca e la libertà concreta dell’artista volutamente collocato ai margini dell’attuale sistema culturale. Per questo modo di fare, egli è forse il più interessante e attivo artista nella rete di chiunque altro per la capacità organizzativa del progetto e per diffusione capillare dell’arte marginale. In oltre 33 anni di lavoro ha esposto con mostre e svolto performance e incontri in diverse aree geografiche del mondo. Vive a Ashiya-City Hyogo in Giappone.
Tags: Achille, Cavellini, Cohen, Guglielmo, Ryosuke, Shimamoto, Shozo
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